Tema Centrale

RIVIVERE PER PRESERVARE

VIVERE E LAVORARE IN UN LUOGO STORICO RIPAGA AMPIAMENTE TUTTE LE PICCOLE COMPLICAZIONI CHE ESSO COMPORTA

Villa Bonomi Ca’ Dura, è da alcuni mesi stata riaperta ed utilizzata, oltre che come redazione di Livein, anche per la realizzazione di eventi inerenti la promozione di Eccellenze Italiane. Il riscoprire questo luogo magico, il viverlo quotidianamente con il fascino che lo circonda, suscita in noi, e nei nostri ospiti, un grande stupore. Stupore perché siamo abituati a volere la modernità, a cercare la comodità a tutti i costi, a costruire sempre il nuovo trascurando e, spesso, lasciando andare edifici che hanno fascino, carattere e ancora molto da raccontare. Certo la comodità di un ufficio asettico in una zona industriale è indiscutibile, ma vivere e lavorare in un luogo storico ripaga ampiamente tutte le piccole complicazioni che esso comporta. Per dare nuova luce a questo bellissimo edificio, vogliamo riportare di seguito alcuni cenni storici che possano raccontarlo e farlo apprezzare maggiormente. La Villa venne costruita nel XVII secolo come residenza estiva della famiglia borghese padovana Bacchetti possidente di terreni a Ronchi di Campanile, stampatori dal XVIII sec. . L’appellativo popolare di “Ca’ Dura” le venne aggiunto per facilitare il ricordo del nome dell’architetto: Alberto Durer (nella tradizione familiare risulta discendere da Albrecht Durer, il famoso pittore tedesco presente a Venezia nei primi anni del secolo XVI). Di questa famiglia il personaggio più famoso veniva così descritto: “Bacchetti Lorenzo padovano, conte, cavaliere, accademico e segretario dei Ricovrati, e medico distinto del suo tempo, studiò in patria dapprima le leggi, e poscia la medicina, nelle quali scienze ottenne la laurea dottorale. Quest’ultima, da lui preferita, con tanto amore coltivò, che venne sollevato nel 1688 alla cattedra di medicina teorica e straordinaria in terzo luogo nella padovana Università; scuola per lui sostenuta fino all’anno 1710. Allontanatosi volontariamente da quella lettura nel detto anno, dedicassi ad esercitare l’arte d’Esculapio con molto grido in patria e fuori” (Giuseppe Vedova, Biografia degli scrittori padovani, Tipi della Minerva, Padova, 1831). La residenza a metà Ottocento passò come dote matrimoniale ai Bonomi, attuali proprietari, che la restaurarono, si presenta in buone condizioni e rappresenta il corpo centrale di un ampio complesso architettonico. Quale fosse l’impianto originario è ormai solamente intuibile, anche dalle mappe del Catasto Austriaco del 1845 e 1852 e benchè oggi vi sia ancora molto di quello che in origine venne eretto, in particolare per la Villa e l’Oratorio; alcune modifiche sembrano aver interessato le pertinenze agricole che definivano sicuramente in maniera più chiara l’aia rurale con brolo coltivato ad orto. Oggi si trovano fabbricati sempre adibiti ad uso rurale, ma sicuramente postumi all’epoca di costruzione della villa.

LA VILLA

Il complesso è costituito dal palazzo padronale, da una serie di annessi rustici che si dispongono successivamente sul fianco destro della residenza abitativa, mentre sul fianco sinistro, leggermente discostato, si isola la chiesetta che con la sua facciata poligonale contrasta stilisticamente con le linee severe del palazzo. Il corpo padronale ha il prospetto sul lato strada disarmonico a causa del rimpicciolirsi delle finestre del piano terra (motivo dovuto forse a un rimaneggiamento successivo alla progettazione) e alla mancata presenza del poggiolo in aggetto. La facciata che domina il giardino, invece, con il ripetersi simmetrico delle finestre, l’aprirsi di una porta al piano superiore in corrispondenza del portale d’accesso, la trifora sostenuta da colonne, forniscono i presupposti per articolare un giudizio di classico equilibrio architettonico. La costruzione compatta si riparte in tre piani compreso il sottotetto e si accede ad essa tramite un maestoso portale archivoltato a tutto sesto con cornice in pietra e mascherone in chiave. Nel piano nobile spicca al centro una imponente trifora con il fornice centrale leggermente più alto, il tutto corredato da un poggiolo con colonnine in pietra a filo della parete sul lato strada, mentre sul lato giardino il poggioletto è aggettante e viene sorretto da quattro mensole. Le due serie di trifore che identificano il salone passante del piano nobile sono decorate come il portale del piano inferiore, con cornice in pietra e mascheroni in chiave di volta. L’ultimo piano, ricavato nel sottotetto prende luce da piccole finestre quadrate. I molti rustici costruiti in tempi diversi e secondo le necessità agricole della proprietà non sono degni di nota.

L’ORATORIO

L’Oratorio si eleva al fianco sinistro della Villa. Il prospetto che si rivolge alla strada attira l’attenzione per la sua facciata a forma poligonale e per gli elementi decorativi di gusto barocco. Le tre pareti che definiscono la facciata sono marcatamente distinte da lesene angolari aggettanti con capitello tuscanico. Nella parete centrale si trova il portale di accesso alla chiesa sormontato da una mezzaluna ribassata e modanata con la lapide di dedicazione nella parte superiore. Nelle due pareti laterali sono collocate due finestre contornate da una cornice in pietra sormontate da timpano triangolare. Il raccordo con il tetto viene preparato da un’ampia cornice che attenua gli elementi marcapiano in modo da evidenziare sia il timpano a linee spezzate che nasconde  il tetto come il resto del cornicione sporgente, giocato in simmetria con gli elementi portanti sottostanti. La chiesetta si completa nella parte retrostante in un perimetro rettangolare che contiene il presbiterio. Fra la porta d’ingresso dalla strada e la cornice sommitale è collocata la lapide dedicatoria della chiesa:

D.O.M.

VIRGINI DEIPARAE

AC DIVIS CAROLO

ET PHILIPPO NERIO

SACRUM

A. XPI MDCCLV

La chiesetta di famiglia, costruita nel 1755, appartiene alla categoria degli “Oratori Pubblici” per avere un ingresso sul fronte strada in modo da permettere l’accesso anche alla popolazione ed è dedicata a: “Madonna Madre di Dio e ai SantiCarlo Borromeo e Filippo Neri”. Interessante notare come la dedicazione a San Carlo Borromeo trovi riscontro con la presenza nel Santuario della Madonna delle Grazie del comune di Villafranca Padovana di un altare, eretto ne1 1695 e dedicato allo stesso santo. In più è da ricordare che poco lontano sorgeva la villa di campagna dei Borromeo, edificata nello stesso periodo di Villa Bacchetti’. I Borromeo erano consanguinei del santo vescovo di Milano e ricchi proprietari terrieri nel padovano.

By Matteo Tornielli

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