Artroom

VALENTINO BORGIA

BECAUSE EATING IS NOT ENOUGH

Abbiamo incontrato Valentino Borgia nella sua junior suite-studio, situata nel centro storico di Treviso, per conoscere quale sia la sua visione dell’ esperienza a tavola. In un momento storico in cui la ristorazione si sta confrontando sempre più spesso con premi e riconoscimenti, è importante non perdere di vista il concetto fondamentale di centralità del cliente e di atmosfera. Attratti molto spesso dalla bravura dello chef e dalla componente artistica di un piatto, perdiamo di vista quella che è la sensazione emotiva dell’ospite. Sensazione che inizia ancor prima di sedersi a tavola e che non si dovrebbe concludere mai perchè, se positiva, dovrebbe rimanere vivida nei ricordi del cliente. Da cultore del suono, prima ancora che della musica, la visione di Valentino Borgia è molto focalizzata verso l’atmosfera sonora, tuttavia nella sua descrizione si sofferma anche su particolari non afferenti all’acustica. Tutto inizia con la ricerca. “Ho sempre orientato la mia vita verso la ricerca. A partire dall’ adolescenza, quando i miei compagni di scuola seguivano le tendenze commerciali in ambito musicale, mentre io ero proiettato verso altri trend, altre sonorità. Gusti che sembravano troppo lontani dalla realtà in cui vivevo, ma che invece avrebbero segnato la storia della musica. Correva l’anno 1972 quando acquistai il primo disco, in vinile, dei King Crimson, ‘In the Court of the Crimson King’, che nel Regno Unito ha poi scalato le classifiche fino ad arrivare al quinto posto della Official Albums Chart. Ricerca inizialmente finalizzata a scoprire cosa ci fosse oltre ai soliti noti e abbracciare la diversità, poi quando le contaminazioni nell’ ambito dell’hotellerie e della ristorazione si sono intensificate, la ricerca diventa elemento essenziale per comprendere come rendere l’ esperienza dell’ospite, un’esperienza indimenticabile, tanto da farlo ritornare.” Sembra un’ovvietà occuparsi della soddisfazione del cliente. “Purtroppo non è sempre così, perchè se così fosse non ci sarebbero milioni di feedback di insoddisfazione del cliente. Per comprendere al meglio di cosa abbia bisogno l’ ospite, bisogna capire immediatamente chi è la persona che hai di fronte, che non significa il ruolo che ricopre nella società o l’ importanza legata ai riconoscimenti ottenuti, significa interpretare i suoi gesti, i suoi movimenti, il suo non verbale. Per allenare questo tipo di sensibilità ho attinto dagli insegnamenti del Maestro Giuseppe Formenton, un guru del Karate (n.d.r. medaglia d’oro ai Master Europei di Nizza, ottobre 2015). Da lui ho imparato a interpretare e gestire i comportamenti delle persone, insegnamento che utilizzo nell’ospitalità di un cliente, per rendere l’esperienza di quest’ultimo quella che desidera. Non c’è una ricetta unica, così come non ci sono una musica, una luce, un piatto unici, ma c’è un’atmosfera che rende unica l’esperienza, che è fatta di molteplici sonorità, di luci personalizzate o personalizzabili e ovviamente della maestria dello chef. Ecco perchè se all’ interno del ristorante non c’è ricerca e attenzione in tutte le componenti, l’esperienza rischia di tradursi in un insuccesso, perchè gli ingredienti non sono equamente bilanciati.” Può un’ atmosfera essere perfetta in qualsiasi location oppure è un privilegio di pochi? “Ho avuto la fortuna di frequentare location di varia tipologia, conoscere molti chef e posso affermare che il denominatore comune è la sensibilità che il restaurant manager o il patron hanno nei confronti della customer experience.

Ci sono location con cui collaboro con successo da anni, che con modalità diverse riescono a far sentire il proprio ospite parte di un flusso emozionale, che scorre senza interruzione e senza alti e bassi. Come fanno? Curano i dettagli e non cadono nel più classico degli errori di considerare il contenuto del piatto o la mise en place come gli unici elementi che soddisfano le aspettative del cliente. Potrei citare il Principe Bar dell’ hotel Principe di Savoia a Milano, dove Daniele Confalonieri, bar manager, dedica un’attenzione spasmodica all’ atmosfera, tanto da prevedere, ad esempio, un impianto luci della Neoz con cui riesce a produrre una luminosità diversa per ogni tavolo, con la possibilità di personalizzare ulteriormente la posizione della luce qualora si rendesse necessario. Per citare altri esempi in cui l’attenzione al cliente è ai massimi livelli, lo Spinechile Resort di Corrado e Paola Fasolato e il Glam di Enrico Bartolini. Due realtà molto diverse tra loro, la prima in un contesto naturale ai confini tra la fiaba e la realtà, dove l’esperienza sensoriale è studiata sin dal momento in cui si varca il cancello d’ingresso, toccando l’apice nel momento in cui ci si siede al tavolo spettatori di uno scenario naturale quasi surreale. Dopo l’esperienza al Met presso l’hotel Metropole di Venezia, gestito dall’intraprendente Gloria Beggiato, lo chef Corrado Fasolato è tornato nella sua terra, per realizzare un sogno. Ora le presenze costanti e i tavoli liberi solo a distanza di mesi dalla prenotazione sono la testimonianza che aver creduto così tanto nel voler realizzare un ristorante affacciato sulla natura, non è stato un azzardo, ma il coronamento di una filosofia, che tiene conto anche dell’ atmosfera. Del resto proprio lui è stato parte con il sottoscritto del progetto SoundChef. L’ altro ristorante che vorrei citare è il Glam, del patron Enrico Bartolini. In questo caso uno chef giovane e talentuoso, Donato Ascani, conduce con maestria le creazioni che vengono servite all’ interno del magnifico contesto di Palazzo Venart. Anche in questo caso, location straordinaria, gestita in modo impeccabile, grazie alla direzione di Angelo Rizzi, manager di esperienza che ha una vocazione innata per l’attenzione al cliente, dove suono, luci, servizio in sala garantiscono che il cliente possa valorizzare ancora di più le fantastiche realizzazioni dello chef Donato Ascani.” E’ stato citato SoundChef, un progetto fine a se stesso o ha avuto un seguito? “SoundChef è stata la massima rappresentazione di cosa significhi vivere una cena da protagonisti. Il concetto che ha ispirato questo progetto è ‘tutti i clienti devono salire sul red carpet’. Grazie alla creatività e alla professionalità dello chef Corrado Fasolato e all’esperienza musicale applicata alla ristorazione del sottoscritto, nasce SoundChef, un menu degustazione a 14 portate, in una piccola sala dell’hotel Metropole, con un impianto acustico d’avanguardia marchiato Sonus Faber. La sfida, è stata creare una situazione esperienziale e sensoriale che non avesse picchi, ma un’unica costante altissima per ciascun organo sensoriale.

Chi ha avuto la fortuna di sedersi al tavolo per una cena SoundChef, ha descritto questa esperienza come una situazione fantastica nella quale l’ ospite si sente guidato, in ogni momento della cena, esclusivamente dai propri sensi. Siamo pronti per la seconda edizione, ma il format continua ogni sera anche senza la necessità di chiamarsi SoundChef.” Qual è la location che Valentino Borgia ritiene attualmente meritevole di un viaggio sensoriale? “In Italia sono legato ad alcune realtà specifiche. Il grande status de La Peca di Lonigo. Ricordo sempre con emozione il mitico Enzo De Prà del ristorante Dolada a Pieve d’Alpago. Mi piace sempre ritornare da Alessandro Breda al Gellius di Oderzo. Un altro esempio di globalità dell’esperienza sensoriale è il ristorante di Angelo Sabatelli a Putignano. Infine, vorrei citare anche l’evergreen Ca’ Busatti di Zero Branco. All’estero mi incuriosisce molto il progetto dello Chef David Munoz, per il suo ristorante Diverxo a Madrid e per quello che lui riesce a trasmettere dal punto di vista comunicativo e artistico. Consiglio di guardare la sua ultima creazione video, per comprendere la personale declinazione di esperienza sensoriale a tavola.” Abbiamo chiesto al “maestro cerimoniere” Valentino Borgia, di concludere l’ intervista con una delle sue frasi d’effetto, che descrivano i concetti sinora espressi. Anche questa volta ha saputo stupire. “Quando le porte della percezione diventeranno trasparenti tutte le cose appariranno infinite. Because eating is not enough!”

By Chiara Pavan

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