Artroom

Mostra: “ARTE ORIENTALE NEL TEMPO”

CURATORE: Massimo Mondini

Massimo Mondini ha frequentato la Cina per circa 25 anni (dal 1980 al 2005). In questo periodo ha viaggiato da 2 a 4 volte l’anno rimanendoci fino a più di tre mesi, complessivamente, ogni anno.

Ha visitato circa 35 città, dall’estremo ovest (Xinjiang) all’est (Liaoning), dalla Mongolia Interna al Guangdong.

Oltre alla curiosità storico-geografica, questi spostamenti erano motivati dal desiderio di visitare i luoghi di origine dei manufatti che gli interessavano e, eventualmente di comprarli, se era ancora possibile.

Ad esempio è andato nello Xinjiang alla ricerca dei tappeti che si producevano nelle tre oasi poste ai limiti del deserto del Takla Makan lungo la via della seta. In queste cittadine Kashgar, Khotan e Yarkand, si tessevano tappeti di un gusto particolare con influenze cinesi su basi turcomanne. Al limite della Mongolia interna si producevano i tappeti di Ningxia, dalla lana morbidissima.

In mostra sono esposti alcuni tappeti provenienti dalla collezione David Te Chun Wang, pubblicata su un catalogo del 1978.


LA PORCELLANA

Per quanto riguarda la porcellana, è stato più volte a Jingdezhen, storica sede dei forni imperiali, a Xiamen, nel Fukien, alla ricerca dei famosi Bianchi di Cina.

Lo scopo della sua ricerca era di far riprodurre pezzi antichi, conosciuti solo dagli intenditori e dai collezionisti, al di fuori dalla produzione di massa, e dal gusto dozzinale, che avevano invaso il mercato in quegli anni. Il suo desiderio nasceva, oltre che per “distinguere” la sua società dai concorrenti, anche dalla reale ammirazione che nutriva, e nutre, per l’arte cinese.

A Jingdezhen ha trovato moltissime micro- fabbriche, ognuna specializzata nella produzione di una particolare tipologia. Così, ha selezionato una serie di articoli particolari, parte dei quali sono esposti nella galleria PROMO – ART di Milano, via San Marta 10

Per alcuni di questi prodotti, ha dato ai produttori i disegni delle forme, copiandoli dai pezzi antichi.

Questo è importante perché ogni epoca ha la sua forma, o meglio, le sue proporzioni: lo stesso vaso (ad esempio il classico fiasco), ha un diverso rapporto tra la lunghezza del collo e il diametro della pancia.

Spesso le “copie” dell’ XIX secolo hanno proporzioni diverse rispetto agli originali del XVIII secolo. Insomma, ha cercato di proporre ai suoi clienti degli oggetti originali (nel senso di non comuni) e di buon gusto ad un prezzo ragionevole.

A questo proposito Mondini  trova interessante, divertente ed istruttivo, quanto è successo tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta. In quel periodo, in Cina era diventato quasi impossibile trovare delle porcellane antiche e chi trafficava, illegalmente, in questo settore, era in grande difficoltà per la scarsità della merce (all’epoca solo le corporazioni statali potevano vendere antichità, e solo posteriori al 1796, data della fine del regno di Chien Lung).


“I cinesi, come gli italiani, si ingegnano.”

Massimo Mondini ha conosciuto un signore che da Pekino, si era trasferito a Jingdezhen; lì aveva cercato i migliori pittori, i migliori produttori, e aveva commissionato dei vasi secondo uno stile ed un’ epoca precisa. Faceva produrre una decina di pezzi ed offriva il migliore alle grandi case d’asta di Hong Kong. Per qualche anno il trucco ha funzionato e sono stati battuti e venduti pezzi falsi per centinaia di migliaia, o addirittura milioni, di euro. Poi il desiderio di guadagni insperati si è sparso a Jingdezhen, i pezzi “rari” sono aumentati oltre il ragionevole e gli “esperti” hanno mangiato la foglia

In ogni caso quei pezzi erano veramente notevoli, di alta qualità artigianale ed artistica.

Dichiara: Sono stato tentato di importarli, ma il loro prezzo era comunque elevato e ne rendeva impossibile la vendita al pubblico italiano che non avrebbe capito il valore intrinseco dell’oggetto; i clienti italiani sono disposti a pagare prezzi alti per un vaso di Venini o simili, simili sia per la forma che per la manualità richiesta, ma non per una “cineseria”.

Sempre per la ricerca di pezzi particolari e diversi, pur nel loro essere ripetizioni di pezzi classici, ha fatto riprodurre paraventi giapponesi in carta dorata da un artigiano-pittore cinese.

Parte di questa produzione ripeteva fedelmente pezzi classici esposti nei musei, parte erano dipinti con soggetti di origine cinese. La tecnica costruttiva è però sempre quella originale, con le ante incernierate con un sofisticato utilizzo della carta che consente all’anta stessa di essere piegata nelle due direzioni.


MOBILI

Stesso discorso per i mobili: ha importato mobili antichi o vecchi restaurati in Cina. Va detto che il concetto di restauro in Cina è diverso che da noi: spesso i cinesi “restaurano” rifacendo esattamente il pezzo originale, senza preoccuparsi troppo di mantenere le parti originarie. Il che “uccide” l’oggetto dal punto di vista collezionistico occidentale, ma ne lascia intatto il valore ornamentale.

Anche in questo ramo ha cercato di far riprodurre i mobili antichi che trovava particolarmente attraenti per la purezza della linea. La sedia nella foto qui sotto è una riproduzione fedele di un pezzo del XVII secolo.

Il pezzo è esposto nella galleria PROMO ART di Milano Durante la mostra;

La sua passione per i mobili cinesi è sfociata in una collaborazione con quello che era, all’epoca, il più famoso restauratore di mobili cinesi, Christopher Cooke, con cui ha tenuto mostre a Londra, Milano e Roma.

ARTE ORIENTALE NEL TEMPO

In altri casi è partito da modelli classici per far realizzare mobili che, soprattutto per le dimensioni, si adattassero al modo di vivere occidentale. Il metodo costruttivo è stato sempre però quello tradizionale.


SERVIZI DA TAVOLA

Ha voluto realizzare realizzato 4 decori.

Due sono ripresi da decori classici: il decoro “Bamboo” è simile ad un servizio giapponese che suo padre aveva portato da quel paese al suo rientro dopo la guerra, hanno solo “scaldato” un po’ i colori.

L’altro, “Imari”, copia un decoro dell’inizio del XVIII secolo.

Gli altri due motivi sono inventati, per il “Tao” hanno  disposto i trigrammi sul bordo giocando sul positivo/negativo del bianco blu. Per il “Provenza blu” hanno utilizzato la disposizione floreale cinese con dei colori diversi.

I servizi sono stati realizzati in Tailandia, da una ditta messa in opera dalla Wedgwood, per ottemperare alle leggi europee che sono molto severe sulla protezione della salute; impongono che i colori non vengano in alcun modo ceduti agli alimenti. All’epoca, la Cina, non dava queste garanzie.


ANTICHITA’

I pezzi antichi sono pochi ma piacevoli; il Buddha birmano, pur essendo del tardo XIX, spicca per le sue dimensioni, che sono fuori dalla norma.

Per concludere: la maggioranza degli oggetti esposti, di valore puramente decorativo, sono il risultato di una ricerca fondata sulla conoscenza dell’arte cinese passata.

Di Giovanna Repossi

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